La Natura è un archetipo biologico di resilienza, ma purtroppo la Natura è paradossalmente intossicata dall’Antropocene che non è una teoria o una opinione ma una pericolosa realtà globalizzata.
Antropocene è un concetto elaborato e coniato dal premio Nobel per la chimica atmosferica del 2000, Paul Crutzen, ed è un neologismo composto da due parole greche Antropos (uomo) e Kainos (recente).
Pertanto Antropocene ha il significato di “antropico” e indica l’attuale epoca della storia evolutiva della terra, caratterizzata dall’impatto trasformativo sull’intero sistema pianeta per opera delle attività umane. Attività umane che hanno contaminato il pianeta attraverso il Global Warming, con le alterazioni chimiche e biologiche degli ecosistemi, e mediante le due pandemie tipicamente umane: la corruzione globale e l’hybris, cioè la malattia del potere che noi abbiamo definito Follia morale (moral insanity). L’Antropocene è anche causa di molte malattie biologiche e sociali come la crescita demografica esponenziale, l'urbanizzazione, la cementificazione e la deforestazione del pianeta.
L’Antropocene è oggetto di studi accademici interdisciplinari che analizzano il significato delle attività umane, il loro impatto e i danni provocati sugli ecosistemi ambientali, scoprendo che purtroppo l'uomo ha portato il pianeta oltre i suoi limiti naturali e non è più solo un partecipante alla vita sul pianeta ma una forza dominatrice e distruttrice.
Lo studio dell’Antropocene, dovrebbe occuparsi dell’evoluzione dai circoli viziosi che pongono solo l’uomo al centro a quelli virtuosi che pongono al centro la natura; ciò porterebbe ad un vero progresso, che la nostra Fondazione ha chiamato “Green New Deal dell’Antropocene”.
Alcuni fanno iniziare l’Antropocene nel 1784, data del brevetto di James Watt della macchina a vapore, simbolo della Rivoluzione Industriale e quindi del principio delle emissioni massicce di CO2, ma la maggior parte dei cambiamenti sono avvenuti a partire dagli anni ’50 con la cosiddetta “grande accelerazione” dei biologici stili di vita, con un aumento esponenziale di entropia che rende caotico il sistema-pianeta, con forte distruttività soprattutto per l’ambiente.
I limiti planetari non dovrebbero essere oltrepassati perché altrimenti verrà raggiunto e superato il rischiosissimo punto di non ritorno perché come ha scritto il filosofo Lucio Anneo Seneca (4 a.C – 65 d.C.): “Basta un solo giorno a disperdere e distruggere quello che è stato costruito a prezzo di dure fatiche e col favore degli dèi, in una lunga serie di anni”. E noi sappiamo bene di essere ormai quasi fuori tempo massimo e che stiamo rischiando una catastrofe irreversibile che minaccia il futuro dell’intera umanità in un’intricata interconnessione tra ambiente, economia e società.
Le miopi politiche biologiche, industriali, sociali ed economiche hanno indotto la sistematicità e complessità delle emergenze tra loro collegate dell’Antropocene che ci hanno resi incapaci di vedere i limiti dello sviluppo incontrollato ed egoisticamente indifferenti ad un modello di crescita e di benessere circolare, rigenerativo e biologicamente eco-sostenibile; infatti usando il mantra dell’innovazione, dell’iper sviluppo, della ricchezza e delle tecnologie, si è mantenuto un modello economico lineare, basato unicamente sul profitto, che impedisce di fare lo sforzo titanico per il cambiamento economico da lineare a circolare.
Questo Alzheimer dei sensi, in cui ci si è anestetizzati e non si è quasi più coinvolti emotivamente di fronte ai problemi, ci ha abituato a ragionare in termini lineari di causa-effetto con una visione del mondo antropocentrica del qui ed ora, dell’abbondanza e del consumismo, scotomizzando così le generazioni future.
Questo tipo di sviluppo ha dato una globale accelerazione dei biologici stili di vita aumentandone l’entropia. Per questo siamo giunti nella situazione attuale dove il modello globalizzato dell’Antropocene, ignorando che abitiamo tutti nella stessa casa e che questa fragile casa sta andando in fiamme, ha causato gravissime emergenze planetarie come quella indotta, con una febbre da cavallo, dal linkage tra Global Warming e l’attuale pandemia di Covid 19.
La gente però ha un grande bisogno di una nuova visione innovativa del mondo: cioè un nuovo orizzonte di senso maieutico e resiliente e soprattutto darsi un progetto responsabile di fronte ai rischi e delle conseguenze dell’Antropocene, che vanno affrontati non con rassegnazione ma in modo autocosciente ed etico.
Nella prospettiva della nostra Fondazione “Science For Peace EU”, la parola Antropocene ha un duplice significato: uno generalmente negativo perchè la salute di Gaia è fortemente condizionata dalla perdita della biodiversità, dalle ecomafie, dalle lobby industriali e finanziarie e dai paradisi fiscali; ma anche un altro significato positivo a connotazione ottimista (identica a quella alla Fondazione di Melinda e Bill Gates) che si basa sul fatto che il mondo umano, rappresentato dalle scienze sociali, e la Terra, rappresentata dalle scienze naturali, sono indissociabili tra loro, per cui si deve concepire una nuova geopolitica in cui la Terra, deve diventare un soggetto politico e non più solo come un oggetto da sfruttare.
Concordiamo anche con ricercatori come Johan Rockstrom e Will Steffen che hanno identificato nove limiti planetari dell’Antropocene da non superare per non sconvolgere gli equilibri fondamentali del Pianeta: clima, biodiversità, deforestazione, ciclo dell’azoto e del fosforo, le acque dolci, lo strato dell’ozono, l’acidificazione degli oceani, inquinamento climatico e gli aerosol atmosferici (cioè la concentazione di particelle fini, devastanti per la salute).
Il concetto di limiti planetari ci consente quindi di misurare quanto un determinato inquinamento disturba i fragili equilibri ambientali e tra i nove limiti da non superare, per non modificare irreversibilmente i grandi equilibri globali, come ad esempio le variazioni dei cicli biochimici, come quelli dell’azoto e del fosforo.
A questi ci sembra fondamentale introdurre anche un decimo limite che è la diffusione nell’atmosfera di nuove sostanze inquinanti che sono le molecole di sintesi e le nanoparticelle che, secondo le ricerche della nostra Fondazione, sono fra i principali responsabili dell’inquinamento del nostro sistema immunitario e che divengono veri e propri taxi per i virus (oggi per il Covid-19) che vengono trasferiti negli alberghi a cinque stelle che sono le nostre cellule immunitarie.
Quello che dovremmo iniziare a chiederci, se vogliamo davvero iniziare un processo di cambiamento, è come abbiamo potuto essere così ciechi, muti e sordi da non renderci conto dei danni che stiamo facendo con la grande accelerazione biologica dei fenomeni antropocenici a danno di quelli naturocentrici, perchè la natura e la biologia hanno i loro tempi, spesso inconciliabili con quelli accelerati dell’Antropocene, e ciò rende molto difficile il compromesso ambiente-sviluppo.
Poiché l’ambiente ha un valore evolutivo, non può e non deve essere soggetto a mercificazioni, e soprattutto bisogna cominciare a ragionare in termini globali, per cui i cambiamenti ambientali sono il riflesso dei cambiamenti delle società umane e intervenire sull’ambiente significa intervenire anche sulla società, con un enorme impatto per la generazione presente e per quelle future.
La grande sfida costruttiva e innovativa che l’Antropocene, inteso in senso positivo, ci pone di fronte è la nostra capacità di riconsiderare le basi biologiche della nostra esistenza e di riscrivere il “contratto sociale” che ci lega a Gaia: saremo capaci di inventare un nuovo modello di sviluppo che sappia rispondere ai bisogni legittimi di tutti, fornendo beni e servizi essenziali, in modo ecocompatibile, socialmente sostenibile e senza violare i limiti del nostro Pianeta?
Il cambiamento climatico, cioè il Global Warming, comporta crisi e anche grandi sfide nel campo dello sviluppo, dei sistemi sanitari nazionali, della sicurezza, dei processi migratori e della pace.
Questo comporterà una nuova geografia del mondo perché verranno ridisegnate le frontiere, sia per gli esodi di popolazioni per cause climatiche sia per l’innalzamento del livello dei mari e la loro acidificazione, il prosciugamento dei fiumi e intere zone desertificate impossibili da coltivare perchè inondate o inabitabili perché troppo calde. Ne è già una tragica testimonianza la rapida accelerazione dell’innalzamento delle temperature che, se procedesse come negli ultimi anni, sarebbe addirittura di 4°C nel 2050.
Non è facile integrare lo sviluppo sostenibile con l’esaurimento e l'intossicazione delle risorse ambientali.
Il buco dell’ozono, grande espressione dell’Antropocene, è stato scoperto nel 1999 come conseguenza dei gas serra e soprattutto dei clorofluorocarburi; oggi sappiamo che può ingrandirsi e rimpicciolirsi e che l’uomo con il suo comportamento e con le sue azioni può influire sull’allargamento e sul restringimento del buco dell’ozono e che è possibile riportarlo alle condizioni fisiologiche solo riducendo le emissioni di gas serra.
Da metà agosto del 2020, il buco è cresciuto rapidamente e ha raggiunto il picco di circa 24,8 milioni di km2 il 20 settembre 2020, diffondendosi su gran parte del continente antartico. È stato il buco più duraturo e uno dei più grandi e profondi dall'inizio del monitoraggio 40 anni fa. Il buco dell'ozono antartico da record del 2020 si è finalmente chiuso alla fine di dicembre, rendendo sempre più evidente quanto sia necessaria un'azione internazionale continua per applicare il protocollo di Montreal del 1987 che vieta le sostanze chimiche che riducono lo strato di ozono e a seguito del quale la situazione è andata a migliorare.
L’altro effetto devastante dell’aggravamento progressivo del Global Warming è lo scioglimento dei ghiacciai e del permafrost del Canada e della Siberia (che provoca l’immissione nell’atmosfera di un’enorme quantità di metano), tutti dovuti alle emissioni antropiche dei gas serra. Solo per fare un esempio: l’Antartide contiene il 90% dei ghiacci del pianeta e dal 2009 sappiamo che perde circa 250 miliardi di tonnellate di ghiaccio l’anno, innalzando ovviamente il livello degli oceani, che avviene al ritmo assai veloce di 3,1 millimetri l’anno.
Dunque, più aumenta il Global Warming, più aumenta il livello dei mari e più si riducono i bagnasciuga delle spiagge con un futuro di inondazione di Venezia, LondraMalta ed isole greche, Manhattan e il Bangladesh e la scomparsa di isole come le Seychelles le Maldive ed altre ancora.
A causa dell’Antropocene dunque tutti gli ecosistemi sono stressati, così come lo è il sistema immunitario, danneggiando la vita biologica di tutto il pianeta, mettendo a rischio molte specie e facendone migrare molte altre con grave minaccia per la biodiversità.
Altro effetto nefasto del cambiamento climatico è l’incremento di malattie causate dai picchi di calore, dalla malnutrizione (ne soffre circa il 13% della popolazione mondiale), dalle allergie da pollini ma soprattutto da malattie infettive con virus sempre più letali che diventano, come il Covid, terribili pandemie.
Il Global Warming dunque ha indotto invasioni globali di nuovi microrganismi patogeni, per combattere i quali si sta studiando la biodiversità dei vaccini e dei costosissimi anticorpi monoclonali, ma tutto ciò sta creando un grave stress nei sistemi sanitari del pianeta.
Inoltre l’Antropocene dell'inquinamento chimico globale (avvelenamento del suolo con fertilizzanti sintetici e pesticidi, alcuni farmaci, prodotti per la pulizia delle case) è dato da patogeni che si trasmettono all’organismo e alterano il sistema endocrino e soprattutto avvelenano il sistema immunitario comportando l’immunodeficienza acquisita che pertanto riduce l’efficacia dei vaccini.
L'inquinamento atmosferico poi è responsabile di molte malattie e ogni anno esige un grande tributo in vite umane; purtroppo non bastano pseudoprovvedimenti come ridurre per qualche giorno la circolazione delle auto per proteggere la gente dagli invisibili killer che sono le polveri sottili, di diametro inferiore a 2,5 micron che si fissano nei polmoni e provocano malattie respiratorie, asma e cancro. L’Agenzia Europea dell’Ambiente stima a più di 500.000 le morti annue per inquinamento dell’aria in Europa e le polveri sottili ne sono responsabili all’80%; oggi molti studi ci dicono che anche la diffusione del Coronavirus in alcune aree è stata favorita dalle polveri sottili nell’atmosfera. Di sicuro sappiamo che i decessi nel mondo per inquinamento atmosferico sono superiori a quelli per il tabacco.
Le crisi economiche ed ambientali causate dall’Antropocene provocano migrazioni di proporzioni bibliche (circa 25 milioni di persone ogni anno) che scatenano morte e violenti respingimenti perché vengono colpevolmente scambiate per invasioni. Studi recenti affermano che il deterioramento progressivo dell’ambiente è diventata la causa principale delle migrazioni del mondo, inducendo così guerre climatiche, che dimostrano che un mondo più caldo è un mondo più violento.
L’Antropocene ha reso innaturale l'ambiente e la vita biologica e più ci allontaniamo dall’obiettivo di non superare i 2°C di riscaldamento, più aumenta la possibilità di arrivare ad un punto di non ritorno e questo vale anche per i cambiamenti sociali perché una lieve perturbazione dell’ambiente innesca trasformazioni sociali enormi ed improvvise; ad esempio siccità o piogge copiose hanno effetti devastanti sui raccolti e ciò provoca consistenti migrazioni.
L’espansione intensiva dell’agricoltura ha enormi effetti nocivi sull’ambiente anche perché ormai la terra è quasi tutta coltivata industrialmente: è stato modificato il ciclo dell’azoto e, a causa dell'impiego di energie fossili (pesticidi), è stato intossicato il patrimonio biologico alimentare, quello ittico e soprattutto il sistema immunitario umano che è il nostro patrimonio più grande.
Si crede ancora che, per la loro vastità, gli oceani non siano influenzati dalle attività antropoceniche umane, ma la realtà è ben diversa. L’impatto causato dal trasporto marittimo è molteplice: le emissioni di CO2 delle navi contribuiscono all’acidificazione delle acque marine, mentre il traffico navale crea inquinamento e contaminazione per le fuoriuscite di carburante. I fondali oceanici poi hanno risorse minerarie e funzioni biologiche tali da essere considerate “patrimonio comune dell’umanità”.
Infine la pesca industriale antropocenica, oltre a ridurre drasticamente la fauna ittica, ferisce e uccide i mammiferi marini, come delfini e tartarughe, quando restano impigliati nelle reti o mangiano la plastica; l’impatto di tutto ciò sull’ambiente, è la perdita della biodiversità ittica, che impedisce agli ecosistemi oceanici di rigenerarsi per apportare benefici agli esseri umani.
L’antropocene, oltre alle conseguenze economiche ed ambientali, produce anche invasioni microbiologiche di patogeni parassiti che divengono virali per ogni tipo di ambiente, divenendo responsabili della perdita della biodiversità perchè riguardano tanto le specie animali, quanto quelle vegetali e i microrganismi.
L’emergenza dell’impollinazione e il calo della funzione di impollinazione determinata dalle colture industriali e dal massiccio uso di pesticidi, non si limita alle api domestiche dell’alveare ma riguarda anche numerose specie di api selvatiche, gli impollinatori invertebrati, gli insetti selvatici, gli uccelli e riguarda anche i cambiamenti climatici del vento. Per una rinascita dell’impollinazione tuttavia abbiamo delle alternative che sono l’agricoltura biologica o l’agroecologia attraverso le quali si possono cambiare i modelli di produzione dei consumi alimentari.
Infatti nostra visione possibilista ed ottimista della filiera agroalimentare ci porta a prediligere progetti che rispettano i principi della “Climate Smart Agricolture”, un progetto innovativo capace di aumentare la capacità di sequestro di carbonio nel suolo, di ridurre una parte di emissioni di gas serra in atmosfera, di conservare la biodiversità preservando sia le risorse dei suoli agricoli sia le risorse idriche.
Ovviamente l’aumento esponenziale della popolazione e la riduzione di superficie di suolo coltivabile richiede una sempre maggior produzione di cibo, ma il peggioramento delle condizioni ambientali rende difficile farlo, garantendo insieme qualità del prodotto, tutela dell’ambiente e sicurezza alimentare.
Per questo si stanno studiando nuovi cibi e nuovi modi di produrre lo stesso cibo, ad esempio una prima soluzione è soddisfare il crescente bisogno alimentare globale attraverso soluzioni hi-tech, come la carne prodotta in vitro a partire da cellule animali, che dovrebbe sostituire allevamenti intensivi imbottiti di pesticidi e di antibiotici, nocivi per il nostro sistema immunitario.
La seconda soluzione è studiare nuovi cibi in grado sia di soddisfare i bisogni di massa sia di far tesoro dei cambiamenti climatici. Tra i nuovi “cibi del futuro” ci sono le alghe, molto apprezzate in Oriente e ora anche in Occidente, di facile coltivazione e con grandi proprietà benefiche (ricche di vitamina C, clorofilla e efficaci contro il colesterolo); le microproteine derivate in laboratorio dalle cellule di funghi, lieviti e muffe; gli insetti quali grilli, bachi da seta, uova di formiche, cavallette e locuste, ricchissime di proteine nobili, tanto che quella che fu considerata una delle piaghe d’Egitto, potrebbe, in un prossimo futuro, diventare una vera manna!
Un altro fenomeno molto grave e sempre più ingombrante, prodotto dall’Antropocene, è la produzione mondiale di rifiuti: due terzi dei prodotti del mondo (per miliardi di tonnellate), va a finire nelle discariche, un terzo delle quali sono a cielo aperto, soprattutto nei paesi più poveri(e spesso più corrotti) del mondo.
Nel 2025 i cittadini del mondo arriveranno ad emettere circa 1,4 kg di rifiuti a persona ogni giorno, ovvero il doppio della media attuale e oltre due terzi di questi rifiuti non vengono trattati. Per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti tossici non trattati, questi sono stati calcolati in 200 miliardi di tonnellate ogni anno.
La gestione dei rifiuti cristallizza le ineguaglianze fa i paesi del Nord e del Sud del mondo, anche se la convenzione di Basilea del 1992 vieta il trasferimento di rifiuti pericolosi nei paesi in via di sviluppo, ma purtroppo, questo divieto viene costantemente raggirato, come nel caso di grosse navi commerciali da rottamare, immatricolate in paesi come India, Cina, Pakistan e smaltite in situazioni drammatiche dal punto di vista della sicurezza.
Non dimentichiamo a questo proposito il dramma, che ancora non ha avuto giustizia, della giornalista Italiana Ilaria Alpi e del suo cameraman Milan Rovatin, assassinati in Somalia per aver scoperto un traffico di rifiuti tossici in cambio di armi.
Per quel che riguarda i rifiuti radioattivi, quel che ancora non si sa è che i rifiuti radioattivi delle centrali atomiche richiedono millenni per il loro smaltimento e pertanto vengono conservati in fusti depositati in ambienti costruiti in cemento armato, ad almeno poco meno di un chilometro sotto la superficie terrestre. Ma ciò crea il problema è che non si sa come indicare ed in che lingua segnalare la pericolosità alle generazioni future, la cui lingua sarà, dopo milioni di anni inevitabilmente diversa e sconosciuta a noi.
La millenaria emivita della scorie nucleari, che per gli incidenti nelle centrali nucleari vengono disperse nell’atmosfera, costituisce la tragica eredità che l’Antropocene radioattivo lascia ai bambini del presente e del futuro.
Le enormi isole di plastica che inondano l’Oceano Pacifico e i molti chili di plastica trovata nello stomaco di balene e capodogli spiaggiati ci ricordano che la plastica è uno dei grandi mali dell’Antropocene e rappresenta una straordinaria minaccia per la biodiversità marina. Gli sforzi per ridurne il consumo di plastica sono ancora troppo timidi ed impacciati, anche se ci son tentativi di recuperare direttamente la plastica dagli oceani sia ripescando i rifiuti che galleggiano sulla superficie sia programmando la costruzione di una gigantesca barriera per raccoglierli, ma verosimilmente non si riuscirà a rimuovere la grande massa di rifiuti in plastica che giacciono in fondo al mare danneggiandone irreparabilmente l’ecosistema marino.
La crescita dell’industria delle auto e la ricerca del vivere nell’abbondante benessere oltre lo sviluppo eco-sostenibile, stanno portando il pianeta al limite delle sue risorse con una fame di energia sempre più insaziabile che costituisce il debito per le generazioni future.
Gli irrinunciabili stili di vita dell’Homo Sapiens, che si è evoluto in Homo Economicus e Tecnologicus, ci portano a vivere in un mondo che si sposta velocemente attraverso i viaggi in aereo e in un mondo sempre iperconnesso, completamente dipendente dalle apparecchiature elettroniche e dalle banche dati. Tv, internet, e-mail, Sky, You Tube, Netflix e oggi soprattutto l’e-commerce (non dimentichiamo che solo Amazon nell’anno della pandemia ha guadagnato 145 miliardi di dollari, 30 in più dello scorso anno) richiedono consumi energetici esorbitanti che si riverberano sulla biodiversità, inducendo Global Warming. Tanto per fare un solo esempio ogni anno i video visualizzati su You Tube emettono l’equivalente di 10 milioni di tonnellate di CO2.
Con l’Antropocene, alla situazione climatica naturale, si è aggiunta la componente antropogenica generatrice di gas serra (non solo CO2, ma anche metano, ossidi di azoto, alocarburi, aerosol). I sistemi naturali sono in grado di assorbire, solo in parte, i gas serra di origine antropica che derivano dal fatto che sono rimessi in circolazione giacimenti e riserve di milioni di anni: per questo la concentrazione de anidride carbonica in atmosfera è passata da 280 a 418 parti per milione nel 2020, raggiungendo il livello più alto da almeno 800.000 anni a questa parte, con l’effetto incontrovertibile di un cospicuo aumento delle temperature planetarie.
Non dobbiamo dimenticare che un quarto delle emissioni mondiali di gas serra proviene dalla produzione di energia (elettricità e riscaldamento), che viene per la maggior parte ricavata dalla combustione di energia fossile; mentre un altro quarto è originato dalla deforestazione che non assorbe più la CO2 derivante dall’agricoltura intensiva (che emette soprattutto metano e protossido di azoto); infine un quinto deriva dall’inquinamento industriale e dai trasporti.
Oltre a mancare politiche di sobrietà energetica andrebbero ripensati anche i modelli consumistici in tutti i campi e soprattutto in quello agroalimentare perché l’intensificarsi della produzione e del consumo di carne ha un’influenza sulla nostra salute, sulla biodiversità, sul clima e sull’effetto serra.
Le città, divenute veri e propri gironi dell’Inferno, sono l’epicentro dell’Antropocene perché la maggior parte dell’umanità si è urbanizzata, conducendo una vita da iper-consumatore, con abbondanza di beni di consumo a disposizione, con una popolazione mondiale che cresce in modo esponenziale.
Oggi la cooperazione internazionale è molto instabile e ciò induce disobbedienza civile, incrementando i populismi ed i nazionalismi, ma uno dei segni di un’Antropocene positiva dovrebbe essere proprio il superamento dei particolarismi per ridare forza all’umanità. Si calcola che nel 2100 ci saranno circa 11 miliardi di esseri umani sulla Terra, e sarà sempre più importante vedere il livello del loro impatto ambientale, come e se sapranno convivere insieme, come e se verranno sconfitte la povertà, le paure, le diseguaglianze, la disumanità, la smania di potere per costruire politiche di crescita per le generazioni future.
Le politiche ambientali possono essere guidate dalle scienze ambientali che costruiscono un faro di riferimento come l’IPCC (Comitato Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici), posto sotto la custodia dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e dell’OMM (Organizzazione Mondiale Meteorologica) tutte istituzioni scientifiche svincolate dalle ideologie politiche. Tutti i rapporti dell’IPCC segnano sempre un traguardo importante nella lotta contro il cambiamento climatico, soprattutto con la fondamentale osservazione che è necessario contenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C e non al di sotto dei 2°C, se vogliamo ridurre in modo significativo i rischi del Global Warming ed i suoi costi, permettendo ad esseri umani ed ecosistemi di avere maggiori possibilità di adattamento alle mutate condizioni climatiche.
Comunque per cambiare i nostri stili di vita, per non consumare completamente le risorse del pianeta, a favore delle generazioni future, che sono i nostri figli e nipoti, ciascuno di noi dovrebbe calcolare quanto costa, in termini di petrolio, gas serra e dollari antropocenici, ogni oggetto che compra, compresi gli alimenti che mettiamo nel carrello della spesa, che quasi sempre sono in esubero, rispetto a quanto biologicamente ci serve.
Conclusioni
La dimensione politica dell’Antropocene implica una visione del mondo che basa il miglioramento progressivo del benessere sullo sfruttamento intensivo delle risorse ambientali, finalizzato al profitto.
La nostra realistica speranza invece è che sia possibile cambiare il nostro stile di vita educando fin dall’infanzia le generazioni future, a partire dai nostri figli, al rispetto per la natura e a consumare le energie planetarie in maniera sobria ed ecosostenibile e non basata esclusivamente sul PIL, cioè in maniera naturocentrica invece che atropocentrica. Con una vera lotta contro il Global Warming si potrebbero creare milioni di posti di lavoro, realizzando così il sogno di Ursula von der Leyen, Presidente
Della Commissione Europea che, essendo medico e madre di 7 figli, ci sembra essere la persona più idonea per personificare la forza resiliente della politica europea ed essere ambasciatrice del futuro dell’umanità.
L’Antropocene globalizzato, che sostanzialmente è un problema solo socio-politico, induce malessere invece che benessere, e spaventa per i suoi effetti collaterali che sono insicurezza, paura, ansia, depressione, crisi sociali e impotenza. Per questo la resilienza del nostro inconscio si difende sognando un mondo migliore, in sintonia con la Natura, in cui la vita biologica sia posta al centro come condizione ineludibile per la sopravvivenza degli esseri umani.
Per concludere ci sentiamo di dire che il Global Warming e l’Antropocene sono problemi così immensi che nessuna nazione di nessun continente può combatterli senza l’aiuto e il sostegno degli altri, e, insieme ci si può aiutare a chiarire la posta in gioco e a costruire risposte umane e resilienti alla vita sul nostro Pianeta vivente.
A livello di tutti i governi mondiali ci aspettiamo una volontà sociopolitica che metta in discussione i modelli individualistici di crescita per andare verso un’economia circolare, politiche di risparmio energetico, un’equa ripartizione della ricchezza tra le nazioni, negoziati per una vera pace nel mondo sulla base dei principi di equità e di democraticità. Ma anche a livello individuale, ciascuno, con piccoli gesti nella vita quotidiana, potrebbe essere attore di comportamenti virtuosi ed ecosostenibili che facciano riguadagnare, a pieno titolo, all’uomo, l’appellativo di Sapiens.
Ormai sappiamo che nessuno si salva da solo in questa battaglia e che i problemi climatici sono strettamente interconnessi ai problemi sociali: c’è una crisi dell’umanità intera che ha portato alla crisi climatica e oggi anche alla pandemia planetaria del Covid 19. Solo accrescendo la propria consapevolezza del come siamo arrivati fino all’Antropocene più distruttiva, potremo capire cosa fare per il nostro futuro. E, soprattutto, tutti noi dobbiamo sentirci coinvolti e prendere parte al cambiamento, “prendendo le parti” della salute del nostro Pianeta e della resilienza del sistema immunitario.