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Guerra"Non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo gentile di distruggere.
Non c’è niente di buono nella guerra, eccetto la sua fine"

A. Lincoln

Innanzitutto la nostra Fondazione “Science for Peace. Eu” non si stancherà mai di ripetere la sua condanna senza se e senza ma della guerra e ci auguriamo che venga accolta la nostra richiesta accorata della eliminazione delle armi nel mondo, con lo smantellamento degli arsenali e la messa al bando delle lobbies delle armi.

Ci piace iniziare questo articolo con le parole di un grandissimo uomo, scomparso da poco, che tutti amiamo e ammiriamo, Gino Strada:” La guerra piace ai politici che non la conoscono… la guerra piace a chi ha interessi economici, che se ne sta ben distante dai luoghi in cui la guerra si svolge……per qualsiasi motivo si faccia, ogni guerra ha una costante: il 90% delle vittime sono civili, persone che non hanno mai imbracciato un fucile e che non sanno nemmeno perché arriva loro in testa una bomba e che non hanno colpe. Ecco perché la guerra è sbagliata in sé……Le guerre poi vengono dichiarate dai ricchi e potenti, che poi mandano a morire i figli dei poveri”.

Moltissimi sono i paesi ad essere coinvolti direttamente o indirettamente in una guerra e oggi purtroppo il 90% delle vittime delle guerre in corso sono civili, un terzo dei quali sono bambini.

Il che ci porta a dire che Dio ha creato gli esseri umani e Satana ha creato le armi.

La ricerca psicoanalitica sulla guerra ha evidenziato che tra le tante concause della guerra, vi sono meccanismi psicotici  che risiedono nell’inconscio dei capi di Stato Maggiore degli eserciti, meccanismi come manie persecutorie e scissioni paranoiche,  che rendono possibile e, purtroppo tristemente probabile, il viraggio dalla paura di venire aggredito al ruolo di aggressore, da perseguitato a persecutore.

Le guerre tra stati sono guerre per il potere e il possesso di territori e il male che si compie in guerra viene considerato eroismo e premiato con croci di guerra e medaglie.

La guerra, con i suoi paranoici genocidi, è la più grande follia del mondo, il più distruttivo dei comportamenti umani, perché si radica sull’odio omicida e sulla violenza; è sempre una follia sanguinosa che fa perdere la compassione e anestetizza ogni senso morale. “E’ scientificamente scorretto  affermare che gli esseri umani hanno un cervello violento…..E’ scientificamente scorretto affermare che la guerra è causata da un “istinto”, e quindi genetica, perché l’unico istinto con cui tutti si nasce è vivere in pace (vedi tribù dei Tau’t Babo).

La guerra è una follia che fa impazzire e lo dimostra la frequenza dei disturbi mentali e l’elevato tasso di suicidi fra i soldati reduci. Negli ultimi 20 anni, gli esperti della NATO ci hanno fornito dei dati sconvolgenti: negli eserciti impegnati in Afghanistan e in Iraq,  il suicidio ha ucciso i soldati due volte più della guerra.

In guerra  la violenza, la paura, la paranoia, il caos trasformano le persone e le rendono imprevedibili, cioè folli, perché sottoposte ad uno stress fisico e mentale così pervasivo che le porta a toccare il limite della follia. Di fronte ad un pericolo, lo stress provoca due risposte possibili: l’attacco o la fuga e se nessuno dei due comportamenti è possibile la reazione estrema è prima l’immobilismo e poi il congelamento (freezing) psico-fisico, una sorta di paralisi mentale e morale. Questi soldati quando torneranno a casa soffriranno di ansia, depressione, e disturbo Post-Traumatico da Stress.

Mentre la reazione più naturale in guerra sarebbe la fuga, come meccanismo  di sopravvivenza, il coinvolgimento in una battaglia produce una forte tensione psico-fisica, tanto che a tratti, la coscienza si dissocia. In questa condizione le persone vivono momenti di “disimpegno morale” (Bandura), con una sorta di sospensione del giudizio critico e morale sulle proprie azioni, per cui si arriva a commettere  azioni atroci come se non si fosse capaci di controllare le proprie condotte distruttive e crudeli. Questo poi comporta di vivere tutto il resto della vita con il rimorso e il senso di colpa per essere stati, anche se temporaneamente, dei criminali e dei torturatori in divisa.

Tornati alla vita civile queste persone, spesso molto giovani, vivranno come se si risvegliassero da un incubo orrendo e dovranno fare i conti con molti demoni da esorcizzare prima di recuperare un po’ di serenità e di pace interiore.

 

Il quinto Comandamento: “non uccidere” si   riferisce alla tutela della vita umana in senso lato e proibisce ogni forma di violazione della dignità della persona. Prima di essere scritto nei libri sacri dovrebbe essere scritto nel cuore di ciascuno: dovrebbe valere per tutti gli esseri umani e per tutti gli Stati, anche per quelli che vendono armi. Purtroppo viene costantemente violato in molte forme che si chiamano guerra, militarismo, dittatura, violenza psicologica, tortura, razzismo, sessismo, sfruttamento economico, indifferenza verso chi soffre e, quella più subliminale che è la distruzione della biosfera e l’assassinio di Gaia.

Per noi è aberrante e colpevole ignorare il quinto comandamento in tutte le sue forme: infatti si può uccidere non solo con la spada, ma anche con la parola, con il cinismo, con la dittatura dell’egoismo di fronte alle tragedie altrui, con il negare un’equa distribuzione della ricchezza e l’accesso all’energia, al cibo, all’acqua e ad un lavoro dignitoso.

 Mentre la violenza domina e divide, la non violenza unisce e coopera per la dignità di tutti.

Questo ci insegna che una società non violenta sarebbe possibile, perché uccidere non è un attributo inevitabile della natura umana: la maggior parte degli esseri umani non uccide, non ha mai ucciso e mai  lo farà perché la capacità dell’essere umano di crescere, migliorare e cambiare è grande.

Fra tutti gli esseri umani, per fortuna, solo una minoranza uccide i suoi simili senza sensi di colpa e senza rimorsi: anche in  guerra infatti gli uomini hanno una forte resistenza ad uccidere.  Secondo alcuni studi psichiatrici “la  guerra deumanizza e debilita psichicamente il 98% di coloro che vi partecipano e il restante 2%, se non impazzisce vuol dire che era già pazzo” di quella follia morale (moral insanity) di cui sono affetti gli psicopatici aggressivi appartenenti alla Dark Triad della malattia del potere (psicopatia, paranoia e narcisismo).

“Science for Peace. Eu” può spiegare le cause della violenza con la dimostrazione scientifica che mentre la non violenza è innata (infatti ogni bambino sul Pianeta Terra nasce socievole, sociale e con tutte le potenzialità evolutive del suo Vero Sé), la violenza è indotta, è culturale ed è generata dalla violazione e negazione dei bisogni e dei diritti primari che, se non sono soddisfatti empaticamente, producono malessere, dolore e rabbia.

Perciò la violenza non è genetica ma culturale e cioè epigenetica ed è dunque una malattia sociale, e come tale si può prevenire e curare.

Per questo ogni cultura, dovrebbe essere capace in modo non violento di attuare uno scambio con le altre culture e un’integrazione tra le diversità senza bisogno di sopraffazioni ma invece arricchendosi reciprocamente.

L’odio è una santabarbara che ciascuno si porta dentro, che può esplodere in ogni momento e che trova radice nella frustrazione, nell'invidia, nella gelosia, nella competizione, nelle differenze sociali, nell'ira funesta, nel desiderio di possesso e vendetta che, a sua volta, alimenta questi stati emotivi che, in tale modo, s'impregnano di violenza. 

 

Nella nostra prospettiva psicopolitica la guerra è la massima  espressione della patologia maligna del potere che comporta la scissione rigida fra Bene e Male che, a sua volta, permette di identificarsi assolutamente con il Bene, proiettando il Male nell’Altro e consentendo così la creazione del Nemico. Nel mondo oscuro del più profondo inconscio, Bene e Male sono simbioticamente fusi e confusi nella follia della psicologia delle masse, che tende a disumanizzare le persone fino a farle sentire legittimate ad uccidere, come avviene nei linciaggi.

Poiché le guerre sono sempre un processo scissionale schizoparanoideo, il nemico viene identificato con il Male: la verità diventa ciò in cui noi crediamo e di cui siamo convinti, ed è vera proprio in quanto ci crediamo e ne siamo convinti, anche senza averne la dimostrazione, secondo lo schema del  “tutto o niente” e non si può mai permettere la fine dell’ostilità contro il nemico, perché questo significherebbe perdere per prima cosa l’identità e poi il potere, ed allora il nemico va provocato e mantenuto in lotta continua. Questa proiezione sugli altri del nemico interno fa sì che possa controllarlo e manipolarlo meglio, così il nemico interno può essere proiettato, con rabbia, su nemici esterni, magari supportati  con l’orgoglio dal motto fascista “molti nemici molto onore”.

 

Per noi di “Science for Peace.Eu” “l’oscenità morale della guerra” è l’insufficienza di prevenzione, di interventi diplomatici mirati, di interventi di organismi internazionali come le Nazioni Unite e di controllo sulla produzione e sul commercio di armi e sulle tecnologie di distruzione di massa.

L’Italia purtroppo continua a distinguersi nel settore del commercio delle armi, come rivelano i dati diffusi dalla Rete italiana per il Disarmo: un esempio clamoroso di questa strategia, passato purtroppo sotto silenzio, è stato il tour della portaerei Cavour che, nel 2014, trasformata in un’enorme vetrina delle armi prodotte dalle  industrie italiane, ha fatto la circumnavigazione dell’Africa, sostando in ogni porto africano in spregio alla legge 185/90 185 che prevede, tra l’altro, il divieto di esportazione di armi verso paesi in stato di conflitto armato o paesi responsabili di accertate gravi violazioni alle Convenzioni sui diritti umani. Le fonti ufficiali ovviamente hanno affermato che si trattava di un tour “promozionale” del made in Italy, per una missione il cui slogan fu “Sistema Paese in movimento”, confermando quanto scrisse Goethe che “il vero oscurantismo è mettere in circolazione notizie false”.

Infatti i risultati della “missione promozionale”, non si sono fatti attendere per l’industria bellica italiana: sono state autorizzate vendite di armi soprattutto verso Angola, Congo, Kenya, Sud Africa, Algeria e Marocco ma anche verso Ciad, Mali, Namibia ed Etiopia (paese in confitto costante con l’Eritrea), tanto che nel 2016 le esportazioni italiane di armamenti hanno superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell’85,7% rispetto al 2015. Questo commercio tanto disumano quanto redditizio fa sì che poi «non possiamo lamentarci, se il Mediterraneo e il Medio Oriente e l’Africa siano una polveriera di conflitti quando siamo anche noi, insieme a molti altri paesi, responsabili di molte delle forniture di armi, vera benzina che poi va ad alimentare il fuoco delle guerre» (Francesco Vignarca). E se alle armi italiane aggiungiamo quelle prodotte in Europa, negli Stati Uniti e in tutto il resto del mondo, possiamo dire che quasi nessun governo può chiamarsi fuori dal commercio delle armi e quasi nessun governo vuole un vero controllo della vendita delle armi ; basti pensare che molte campagne elettorali americane, fra cui quella del presidente Trump, sono state finanziate dalla potente lobby dei produttori e detentori di armi, la National Rifle Association (Nra), che ha speso più 30 milioni di dollari per farlo eleggere e alla quale lui ha promesso «Mi avete aiutato alla grande, non vi abbandonerò mai, mai».

Ogni intervento armato serve solo ad arricchire i signori della guerra e le potentissime lobbies mondiali delle armi che, oltre tutto, ci ingannano definendo “armi intelligenti”, quei sofisticatissimi strumenti di morte che, come sempre, uccidono più civili inermi che militari.

Nel linguaggio della guerra si parla sempre solo di “obiettivi” e mai di esseri umani; i bombardamenti vengono descritti come “eliminazione chirurgica di obbiettivi militari, fatti con bombe intelligenti”, mentre i civili inermi e innocenti uccisi, sono solo “danni collaterali”.

Inoltre si possono massacrare esseri umani anche senza armi, ma con un’arma amorale ancora più potente che è l’indifferenza e lo sfruttamento, come è avvenuto ed avviene per lo sterminio per fame, per povertà e per malattie in tutti i paesi del Terzo Mondo e, ormai, in tantissime situazioni di degrado, instabilità e di disagio sociale. Tante persone infatti muoiono a causa del male che viene fatto loro, anche se chi commette azioni violente e disumane trova sempre molteplici giustificazioni razionali. E a tutti coloro che parlano con disumanità di queste morti come di “effetti collaterali”, rivolgiamo l’invito di visitare un ospedale di Emergency e a guardate in faccia quel mostruoso cavaliere dell’Apocalisse che è la guerra.

La moral insanity (che è “follia morale”, cioè un deficit di senso morale) è caratterizzata dalla deumanizzazione, dalla dispersione delle responsabilità, dalla giustificazione e dal disimpegno morale. La malattia del potere rende banale il Male spacciandolo per Bene comune.

Il disimpegno morale la dispersione delle responsabilità e la giustificazione morale avvengono, nelle organizzazioni di potere, evocando lo stato di necessità o  il rispetto delle regole e. degli ordini della catena di comando e della gerarchia polilitica, giustificando   azioni riprovevoli e ciascuno  perché c’è sempre qualcun altro, al di sopra di lui, a cui obbedire. Ciò comporta noncuranza e/o distorsione delle conseguenze delle proprie azioni e consente di minimizzare il male che fanno, mediante la disumanizzazione e la “spaventosa, indicibile, inimmaginabile banalità del male” ( Hannah Arendt).

 

Aanche in un paese in pace come l’Italia, la moral insanity del potere si evidenzia in molti modi: quando si discriminano le persone in base all’etnia o al colore della pelle, quando i lavoratori non vengono licenziati, ma “selezionati”, oppure quando i grandi manager parlano di “esuberi” dimenticando che si tratta di esseri umani con le loro famiglie.

Il disimpegno morale più vile e disumano è quello dei mercanti di armi che contribuiscono alle più efferate atrocità. Quando fu chiesto a Tergil, un famoso mercante d’armi che nascondeva la sua attività sotto l’accattivante nome di “Intercontinental Technology”, se avesse provato scrupoli o rimorsi nel fornire strumenti di tortura e di morte a Idi Amin, feroce dittatore africano degli anni ’70, rispose accusando la Dover Chemical di aver fornito agli Usa il napalm, che gli Stati Uniti usarono indiscriminatamente sulla popolazione vietnamita. La Dover Chemical si autoassolse machiavellicamente accusando altri di  crimini peggiori del proprio.

Le lobbies delle armi nel mondo hanno un potere enorme, mimetizzandosi mediante la dispersione di responsabilità morale e legale, sotto nomi e attività di copertura perfettamente accettabili e legali. Spesso famose multinazionali che mostrano una faccia pulita, producendo beni che tutti noi consumiamo, hanno un lato oscuro e sconosciuto ai più, di produttori di armi.

Negli USA, le lobbies delle armi sono influentissime e determinano molte scelte politiche.  

 Le lobbies delle armi, che hanno in buona parte finanziato la campagna elettorale di Donald Trump, sono sostenute da un esercito di deputati e di senatori che contrastano ogni tentativo legislativo di regolamentare il commercio delle armi.

 La potentissima lobby di costruttori di armi americana, la National Rifle Association si oppone, grazie anche a fiumi di denaro investiti nel commercio delle armi sfugge ad ogni tipo di controllo. In America (l’età minima per acquistare alcolici è di 21 anni, mentre per le armi non c’è limite in alcuni stati e in altri è tra i 16 e i 18 anni); e questa piaga con l’avvento dell’era Trump, che oggi per fortuna non è più Presidente degli Stati Uniti, è divenuta sempre più virale.  

Purtroppo malgrado i tanti massacri, perpetrati soprattutto nelle scuole e nei college americani e provocati da armi da fuoco, la società americana, con una gravissima forma di disimpegno morale, non riesce a produrre leggi efficaci sulla regolamentazione delle armi, leggi che i fabbricanti riescono ad eludere con facilità, impedendo a tutti gli organi di controllo di svolgere il loro lavoro.

 D’altra parte il Secondo Emendamento della Costituzione americana consente ad ogni cittadino di girare armato.

I nostri studi hanno evidenziato che girare con un’arma lungi dal rendere le persone più sicure, è solo più pericoloso. Siamo di continuo esposti a immagini filmiche con scene di violenza, al punto che il collegamento tra armi e violenza nel cervello umano è molto forte, perché le persone riconoscono le armi come una minaccia e un potenziale rischio. In altre parole una pistola non si limita a sparare, instilla nella nostra mente l’idea di violenza… e attivando questo sentimento non fa che indurci a usarla, facendoci tirare fuori tutta la nostra aggressività e violenza.

 

Le lobbies mondiali di fabbricanti di armi sono una schiera di trafficanti altolocati che allestiscono arsenali nell’ambito della legalità, procurandosi licenze import-export per far viaggiare strumenti di morte da uno stato all’altro, da un continente all’altro,  con false certificazioni circa gli utenti finali e con giri tortuosi per far arrivare gli armamenti anche alle nazioni sottoposte all’embargo delle armi.

Questa rete criminale comprende anche ex dirigenti governativi, servizi segreti, diplomatici militari e riciclatori di denaro sporco. Frazionando la filiera ogni operatore appare essere un semplice commerciante con coperture perfettamente legali. 

Ricordiamo che tra il 2013 e il 2017, l'export di armi è aumentato del 10% rispetto al quinquennio precedente: il volume di scambi è aumentato soprattutto in direzione di Medio Oriente e Asia. Secondo quanto rivela uno studio dello Stockholm International Peace Research Institute, i principali esportatori di armi  rimangono gli Stati Uniti col 34% della quota di mercato, poco sotto ritroviamo la Russia, col 22%, seguiti da Francia, Germania, Cina, Regno Unito, Spagna, Israele, Olanda e Italia che esporta il 2.5% delle armi di tutto il mondo.

Il settore delle armi in Italia vale più o meno lo 0,7 % del Pil (2.500 imprese, tra indotto e produzione, 92.000 occupati a tempo pieno).

Nel 2016 le autorizzazioni all’esportazione italiana di armi e di sistemi militari hanno superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell’85,7% rispetto ai 7,9 miliardi del 2015. E se paragonassimo il dato rispetto al 2014, sarebbe ancora più impressionante: + 452% in soli due anni. Anche nel 2017 hanno superato i 10 miliardi di euro; ma quello che più impressiona è la propensione da parte dei recenti governi italiani a vendere  armi alle monarchie autoritarie del Golfo Persico, senza tenere conto delle loro continue violazioni dei diritti umani, del loro coinvolgimento nei conflitti mediorientali e del loro sostegno a gruppi terroristici.

A 30 anni esatti dall'approvazione della legge 185/90 sul commercio d'armi (che stabiliva “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”), l'Italia registra un'impennata senza precedenti nelle esportazioni, soprattutto verso regimi autoritari e Paesi in guerra. L'articolo meno applicato della norma? Quello sulla conversione delle industrie della difesa a fini civili.

L’Italia dunque vende armi anche in paesi in cui sono in corso guerre, nonostante vi sia la legge 185, vigente dal 1990, che fa divieto di esportare armi in zone di conflitto, ma anche in via di sviluppo per evitare triangolazioni che mascherano gli utilizzatori finali, i famigerati “signori della guerra”. Questo dato “conferma una tendenza allarmante delle politiche di esportazione di sistemi militari in atto negli ultimi anni: Africa Settentrionale e Medio Oriente sono, infatti, le aeree di maggior tensione del mondo e sono zone governate in gran parte da regimi autoritari e da monarchie assolute irrispettose dei più basilari diritti umani. Fornire armi e sistemi militari a questi regimi, oltre a contribuire ad alimentare le tensioni, rappresenta perciò un tacito consenso alle loro politiche repressive”.

L’esportazione di armi made in Italy è dunque  un settore che non conosce crisi, secondo l’Istituto ricerche Internazionali dell’Archivio per il Disarmo, tra i principali Paesi destinatari di armi italiane troviamo anche Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Pakistan, Angola, Emirati Arabi Uniti. Oltre il 60% delle nostre armi finirà a Paesi fuori da UE e NATO.

Quante siano le armi in circolazione in Italia non si sa, anche se tutti gli acquisti devono essere denunciati alle Questure. La trasmissione “Presa Diretta” ha svelato che il numero non è noto e l’ultimo censimento è stato fatto oltre 9 anni fa.
“Non solo il Ministero dell’Interno non ha mai reso noto il numero di armi legalmente detenute in Italia (le stime variano dai 10 ai 12 milioni), ma non rende pubblico nemmeno il numero complessivo di tutte le licenze rilasciate ed in vigore senza un controllo almeno biennale sullo stato mentale e sulla tossico dipendenza di portatori di armi a cui andrebbero sequestrate.

In compenso l’Italia ha il triste primato del maggior numero di omicidi commessi con armi da fuoco; sappiamo inoltre  che l’85% delle armi da fuoco nel mondo appartiene a civili, persone che di un’arma non hanno nessuna necessità e che, in Italia, persone comuni possiedono 8,6 milioni di armi da fuoco: 2 milioni registrate e 6,6 milioni non registrate.

Dunque l’Italia tutto è meno che immune dalla produzione di armi, anzi si è scoperto che, proprio da noi, esisteva una delle fabbriche più attive di mine antiuomo, la Valsella, che ha disseminato di mine molti scenari di guerra, mutilando centinaia di migliaia di bambini innocenti e invadendo territori vastissimi, per sminare i quali, serviranno decenni di lavoro.

Sono in continua crescita anche le esportazioni di armi italiane prodotte dalla Beretta in provincia di Brescia, verso gli acquirenti abituali quali gli Stati Uniti che hanno in dotazione alla polizia proprio la Beretta, che viene venduta anche alla  Gran Bretagna, alla Turchia, ma anche alla Siria, al Libano (paese sottoposto a misure di embargo di armi) e verso l’Egitto (in Piazza Tahrir al Cairo, dopo gli scontri furono trovati moltissimi bossoli di proiettili prodotti dalla Fiocchi di Lecco).

Ogni 30 minuti una persona incolpevole e inerme viene uccisa da un’arma della Beretta o mutilata da una mina di produzione della Valsella, che oggi, con arrogante protervia, dichiara di produrre solo mine intelligenti programmabili a tempo. Ma per noi l’unica cosa intelligente sarebbe che tutte le fabbriche di armi del mondo venissero chiuse per sempre, perché “Quando si sganciano  bombe da un'altezza di otto chilometri non vede quel che accade sotto. Non si sentono urla, non si vede sangue. Non si vedono i bambini fatti a pezzi dalle esplosioni delle  bombe. Cominciai a capire come, in tempo di guerra, le atrocità vengano commesse dalla gente comune, che non vede le vittime come esseri umani, li vede soltanto come il nemico, anche se il nemico ha solo cinque anni." (Howard Zinn).

Nel 1997 il premio Nobel per la Pace è stato assegnato a Jodie Williams, per la sua campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo. Questa campagna ha prodotto la Convenzione Internazionale di Ottawa che ha stabilito la messa al bando delle mine, Il divieto di produzione, stoccaggio e commercio delle mine antiuomo che però è stato adottato solo da tre quarti dei paesi del mondo; persistono ancora 250 milioni di mine negli arsenali militari di 105 paesi.

Nonostante il Trattato di Ottawa, 88 sono le nazioni ancora contaminate da mine e la produzione annuale di mine nel mondo è stata stimata in dieci milioni all’anno, mentre lo sminamento annuo è di solo 250.000 e con questi ritmi, lo sminamento totale richiederebbe almeno un secolo. Ovviamente lo sminamento  per scopi militari ha la priorità su quello per scopi umanitari perchè la vita di un   militare è ben più importante di quella di un bambino.

E’ stato calcolato che per sminare completamente l’Afghanistan occorrerebbero 4300 anni, e intanto molte persone, soprattutto bambini continuano a saltarci sopra perdendo le gambe!

La paranoia del costruire armi sempre più distruttive è tale che le bombe atomiche sembrano non bastare più e si costruiscano quelle ancora più potenti: le bombe all’idrogeno e al neutrone. I bombardieri costano 200 volte di più che durante la II Guerra Mondiale, le portaerei sono 20 volte più costose e i carri armati 15 volte di più. Il costo delle tecnologie militari sono proporzionali alla loro distruttività e alla loro capacità di dispensare morte.

Per la nostra Fondazione le risorse economiche utilizzate per le spese militari si potrebbero impegnare nella ricerca sulla fusione nucleare, attraverso la quale si potrebbero risolvere i problemi energetici del mondo oltre a limitare il global warming che è linked con le pandemie.

 

Se ad un italiano si chiede quali sono i settori produttivi dell’economia verosimilmente vi risponderà: la moda, il turismo, la gastronomia e il calcio; solo pochi sanno che un grande contributo all’economia italiana è dato dalle industrie dei sistemi d’armi, come la Beretta e Finmeccanica, che costruisce pistole, elicotteri, bombe e mine così sofisticate da rendere il made in Italy di questi ordigni famoso in tutto il mondo. E ci risulta che la Finmeccanica è per il 35% di proprietà del Governo Italiano.

La Finmeccanica finanzia le fondazioni dei partiti e, poiché le armi ad uso civile possono essere esportate senza chiedere autorizzazione alla Presidenza del Consiglio; ciò ha consentito il commercio illegale delle armi spacciandole per armi ad uso civile e sportivo.

Attualmente, secondo l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP) , programma del Peace Research Institute di Oslo, sono in corso oltre 30 conflitti armati di grandi dimensioni nel mondo (senza contare guerriglie e sommosse), e “l’Italia delle armi” non fa altro che fomentare questo tragico quadro. Gli articoli bellici made in Italy più venduti sono:  carri armati, aerei, elicotteri, navi, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche antisommossa.

L’azienda più forte è Finmeccanica, al 9º posto nella produzione mondiale di armi, che ha anche come sue filiali: Agusta Westland, Alenia Aeronautica, Selex, Mbda. 

Se si analizza poi l’attività di tutte le banche commerciali italiane coinvolte in questo settore, possiamo vedere che ogni gruppo bancario ha una propria filiera per quanto riguarda il particolare e delicato mercato delle armi: le banche investono in titoli di borsa di produttori di armi, sono coinvolte attraverso specifiche linee di credito in partecipazioni a Finmeccanica e, soprattutto, per alimentare  l’enorme giro di denaro del commercio delle armi (oltre 40 miliardi di euro nell’Unione europea), c’è bisogno di un sistema di intermediazione finanziaria ben strutturato e di notevoli dimensioni che solo le banche possono fornire. Questo sistema è fornito  dalle banche commerciali a cui bene o male tutti quanti ci appoggiamo per gestire i nostri risparmi, da Unicredit all’Unione Banche Italiane, dalla Popolare di Milano a BNP Paribas, all’Ing Direct, quella del Conto Arancio. L’unica banca che non ha mai finanziato attività collegate al traffico di armi è la Banca Etica.

Alcuni paesi in cui si esportano armi italiane non aderiscono alla NATO o all’Unione Europea e quindi un giorno potrebbero usare armi italiane per aggredire l’Italia, ma il commercio delle armi è così machiavellicamente amorale che non ci si stupirebbe affatto se ciò avvenisse.

Uno spiraglio di verità va fatto anche sul tagliare o meno l’acquisto dei famosi aerei F35, cacciabombardieri a decollo verticale, che rientra tra le spese militari e va visto nella dimensione del programma internazionale multinazionale in ambito NATO che si chiama Join Strike Fighter. Si tratta di un progetto di cooperazione internazionale che coinvolge diversi paesi ( Stati Uniti, Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca) che si sono impegnati a collaborare nella fase di ricerca di un aereo da guerra di “quinta generazione” invisibile ai radar e munito di sistemi computerizzati all’avanguardia.

L’Italia si era impegnata ad acquistarne 90 e ogni aereo costa 93/95 milioni di dollari. Tanto per chiarezza, con il costo di un solo F 35 si potrebbero acquistare 8 Kanadair antincendio, insufficienti nel nostro paese, o fare notevoli opere umanitarie.

L’F-35 non è solo un aereo, ma è una scelta politica; infatti dietro all’acquisto dei caccia della Lockheed Martin  c’è l’interesse degli Stati Uniti che rappresentano ancora oggi il vertice militare di tutto il sistema occidentale, quindi il loro acquisto significa non solo che l’Italia resta ancorata all’industria bellica statunitense ma  ribadisce anche  la sua appartenenza politica e strategica al blocco atlantico, da cui l’Italia non può e non vuole sganciarsi.

I Ministri della Difesa e molti esponenti dei Governi degli ultimi anni, hanno insistito sulla necessità “indispensabile” delle ingenti spese militari per l’acquisto degli F 35 da piazzare sulla portaerei Cavour, già attrezzata a riceverli, con una spesa di 3,5 miliardi. Per risolvere il problema sono state coinvolte ben tre Commissioni del Senato: quella della Difesa, quella degli Esteri e quella delle Politiche Europee. Le spese per attrezzare la portaerei sono state già fatte, in modo da mettere il Parlamento di fronte al fatto compiuto.

 La portaerei Cavour, ammiraglia e orgoglio della squadra navale italiana per aumentare il prestigio in seno alla NATO, è il simbolo della proiezione di una potenza militaristica e aggressiva.

Ma a che servirebbe una portaerei superarmata se l’Italia per Costituzione dovrebbe ripudiare la guerra? Invero la Cavour è stata utilizzata solo due volte: una ad Haiti per scopi umanitari dove ha portato aiuti nel 2010 e una seconda volta per scopi utilitaristici quando fu mandata in Brasile per convincere il Governo brasiliano a comprare navi da guerra costruite in Italia.

Inoltre l’Italia ha continuato, con accordi bypartisan tra i partiti ad acquistare i costosissimi F35 anche quando l’amministrazione di Biden e il suo nuovo team al Pentagono stavano decidendo se continuarne la produzione.  A giugno 2020, il numero dei velivoli destinati all’Italia era salito a 28, nonostante non abbiano ancora dimostrato la loro efficacia contro i più impegnativi sistemi di difesa aerea. Secondo un calcolo, ogni jet è costato all’Italia circa 100 milioni di euro.
Oggi l’Italia ha deciso di investire in un nuovo supercaccia di sesta generazione, più avanzato dell’F35. Si tratta del Tempest, un velivolo che verrà realizzato assieme alla Gran Bretagna e alla Svezia. E che è destinato a diventare il programma più costoso delle nostre forze armate: solo per le spese di sviluppo sono previsti sei miliardi di euro. Il nuovo super-caccia viene definito “un sistema di sistemi”. Assieme all’aereo infatti verranno sviluppati dei droni che interagiranno con il Tempest attraverso l’intelligenza artificiale, mettendo in comune le informazioni dei sensori. Per questo potrà svolgere non solo missioni di intercettazione, ma anche di ricognizione e di bombardamento. Ovviamente, un’iniziativa del genere ha costi altissimi: un investimento di due miliardi in quindici anni, con una crescita graduale.

E con ciò vengono deluse ancora una volta tutte le sacrosante aspettative di tante persone di buona volontà che vorrebbero che quel danaro fosse impiegato per scopi davvero socialmente, moralmente e umanamente utili.

 Dunque dalle insistenze e dalle ambiguità dei vari Ministri della Difesa sulla necessità dell’acquisto di questi armamenti, sembra che più che Ministri della Difesa, costoro siano Ministri della guerra di un Paese che la guerra sembra non ripudiarla affatto.

Secondo uno studio dello IAI (Istituto Affari Internazionali), è possibile risparmiare circa 8 miliardi del bilancio della difesa, con una ridefinizione del modello di difesa NATO in una prospettiva pacifica europea.  Ovviamente i soldi risparmiati potrebbero essere molto meglio utilizzati  per sostenere famiglie, lavoratori in difficoltà, per lo stato sociale, per gli asili nido insufficienti, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e per prevenire i rischi idrogeologici e sismici.

La riduzione delle spese militari, secondo noi trova la sua ragion d’essere nel fatto che la pace non si persegue con le armi e che tutte le missioni cosiddette di “peace keeping”, sono solo bugie machiavelliche. Quale pace possono portare eserciti armati di tutto punto, con armi sofisticatissime? Da sempre i militari sono guerrieri professionisti, con licenza di uccidere.

Perciò spendere  miliardi di euro per comprare aerei con funzioni d'attacco capaci di trasportare ordigni nucleari, che sono armi di offesa e non di difesa, mentre non si trovano risorse per il lavoro, la scuola, la salute e la giustizia sociale è una scelta incomprensibile e non democratica, anche tenendo conto del fatto che per le spese militari, ogni anno, ogni cittadino italiano, neonati compresi, paga senza esserne a conoscenza, 407 euro, soldi spesi per le Forze Armate e non certo per le prime necessità della gente.

Le implicazioni etiche della doppia morale italiana di ripudiare la guerra e fabbricare e vendere armi, non sembrano interessare minimamente i governanti italiani, purtroppo in maniera quasi bypartisan, per cui, nel silenzio delle coscienze  e nella mancanza quasi totale di informazioni, l’Italia si colloca fra i primi posti in classifica come seminatore di morte, con armi di vario genere e potenza, che seguitano a far strage di innocenti, soprattutto bambini con le mine, anche dopo che i conflitti sono terminati.

Sarebbe nostro auspicio che in Italia come nel mondo ci fossero più scuole ben funzionanti, più asili nido, più biblioteche, più ludoteche, più campi sportivi, cinema, teatri, luoghi di incontro sociali e meno armi, ma purtroppo ci giunge notizia che  negli ultimi tre anni circa 200mila persone nel nostro Paese hanno iniziato a frequentare poligoni di tiro e corsi di addestramento intensivi, e le licenze per porto d'armi sono aumentate purtroppo del 14% e il 39% dei nostri connazionali auspica dei criteri meno rigidi per il possesso di armi.

Vorremmo anche che i governi e i cittadini scegliessero di affrontare il problema complesso come quello della violenza nel modo più definitivo, che è quello dell’educazione alla pace e alla cooperazione e non quello più rapido e sbagliato che è la legittima difesa che consente a chiunque di difendersi da solo, comprando un’arma e magari sparando su qualche sconosciuto che entra nel loro giardino.

“Da 40 anni, in America la lobby delle armi cerca di nascondere l’equazione che più armi da fuoco equivale a più morti innocenti. Le stragi degli studenti in America degli ultimi anni hanno dimostrato al mondo intero che la liberalizzazione dell’uso delle armi non produce nessun risultato positivo della sicurezza. Non è utile alla società, ma soprattutto non è giusto. La nostra civiltà ha radici profonde ed ha una storia fatta di cultura e rispetto umano.” (Paolo Siani)

Purtroppo, invece di coniugare la sicurezza con il potenziamento delle risorse alle forze dell’ordine ed alla magistratura, oggi in Italia come nell’America di Trump, si tende ad incrementare il commercio e l’uso delle armi, legalizzandone sempre di più l’uso privato con una giustizia rudimentale “fai da te”, in nome del fatto che: “Se mi trovo in casa una persona mascherata alle 3 di notte non sta me capire se ha un'arma finta, ma ho il diritto di difendermi, sparando, senza se e senza ma".

Matteo Salvini ha sempre fatto ciò che si era impegnato a fare quando è stato eletto: per far sì che l'Italia abbia presto una legge sulla legittima difesa scritta a quattro mani con la lobby delle armi.  Salvini infatti, aveva firmato un documento, articolato in otto punti, col quale si era impegnato pubblicamente a "coinvolgere e consultare il Comitato D-477 ( che è un'associazione nata nell'aprile del 2015, che difende gli interessi dei "detentori legali di armi”)  e le altre associazioni di comparto ogni qual volta siano in discussione provvedimenti che possano influire sul diritto di praticare l'attività sportiva con armi e/o venatoria, o su quello più generale a detenere e utilizzare legittimamente a qualsiasi titolo armi, richiedendone la convocazione presso gli organi legislativi o amministrativi in ogni qualvolta si renda opportuno udirne direttamente il parere".

Salvini ha anche preso a nome dell’intera Lega: “un’assunzione pubblica di impegno a tutela dei detentori legali di armi, dei tiratori sportivi, dei cacciatori e dei collezionisti di armi"

 Quanto al tema della legittima difesa, il Ministro dell’Interno si è vincolato "a tutelare prioritariamente il diritto dei cittadini vittime di reati a non essere perseguiti anche economicamente con dei risarcimenti) dallo Stato e dai loro stessi aggressori".  Questo significa tutelare l'interesse di chi vuole difendersi sia in casa che nella propria attività, sparando, e poi in base alla "presunzione di legittima difesa", si cancella la necessità di dimostrare la proporzionalità tra difesa e offesa. Il che significa che prima si è legittimati a sparare e magari ad uccidere poi, sulle responsabilità, si vedrà.

Nel frattempo dal settembre 2018 in Italia è molto più semplice acquistare un’arma da fuoco,  per ottenere la licenza infatti non vi è l’obbligo di avviso a familiari o conviventi e per documentarne il possesso basta semplicemente  inviare una mail di posta certificata ai Carabinieri o alla Questura, prassi che potrebbe far entrare in possesso di armi anche gli psicolabili.

Viene inoltre aumentato da 6 a 12 il numero delle armi sportive detenibili e creata l’ambigua categoria dei “tiratori sportivi” (categoria accessibile non solo agli iscritti alle Federazioni del Coni ma anche agli iscritti alle sezioni del Tiro a Segno Nazionale, agli appartenenti alle associazioni dilettantistiche affiliate al Coni, nonché agli iscritti ai campi di tiro e ai poligoni privati) e costoro saranno autorizzati a comprare armi “tipo guerra” come Kalashikov Ak-47 e il fucile semiautomatico Ar15 che, lo ricordiamo, sono stati spesso utilizzati nelle stragi nelle scuole americane.

Il 1° aprile 2013 è stato approvato e sottoscritto in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il trattato sul commercio internazionale delle armi (Arms Trade Treaty, A.T.T.).

Con una, a nostro giudizio, colpevole ipocrisia, "Gli Stati riconoscono, da un lato, il reciproco interesse politico, economico e sociale nel commercio internazionale di armi; dall’altro la sovranità di ciascuno stato nella regolamentazione  della produzione, del commercio e dell’uso di armi. Tale trattato sottolinea ipocritamente l’esigenza di reprimere il commercio illegale delle armi e la distrazione delle medesime in mercati neri o per fini non autorizzati, quali atti terroristici. Gli Stati prendono coscienza del fatto che, per quanto vi sia - e debba rimanere -  la sovranità interna dello Stato in materia di armi; per quanto vi siano numerose convenzioni internazionali che regolano il commercio di armi fra Stati, non vi sarà mai una circolazione controllata e sicura, fintanto che non vi sia una disciplina armonica, uniforme e globale che imponga canoni di sicurezza e trasparenza.”. Ciò significa che va benissimo produrre, commerciare e guadagnare sui principali strumenti di morte, purchè sia fatto “legalmente” e tutti d’accordo. Ottimo esempio di ipocrisia psicopatica del “qui lo dico e qui lo nego”.

Come potrebbe avere sonni tranquilli chi, come noi ,sa che il 90% degli arsenali atomici mondiali, in grado di distruggere il pianeta sono nelle mani di uomini che spesso sono pericolosi emblemi della Malattia del potere quali: Vladimir Putin, il dittatore nord coreano Kim Yong-un e il leader cinese Xi-Jinping?

Che Dio salvi l’umanità da costoro e da tutti i guerrafondai facendoci dormire sereni nella prospettiva di un mondo più umano e disarmato.

 

Il simbolo della pistola annodata, posto all’ingresso del Palazzo di vetro delle Nazioni Unite a New York vuole ricordare che la guerra non porta mai alla pace e che se tutte le armi fossero annodate e poste nell’impossibilità di sparare, il mondo sarebbe un luogo assai migliore in cui vivere.

Questa immagine simboleggia l’inutilità delle armi che seminano solo morte e distruzione senza aver mai risolto i conflitti, che andrebbero invece sanati con la diplomazia, e con la buona volontà di trovare i giusti compromessi condivisi. Perciò questa scultura sta nel posto giusto, le Nazioni Unite, e noi, che la abbiamo adottata come simbolo della nostra Fondazione “Science for Peace. Eu”, ci auguriamo che i vari delegati ONU, entrando, la guardino un po’ di più non solo con gli occhi ma anche con il cuore.

L’industria delle armi produce armi sempre più potenti e perfezionate e incrementa quella follia  che consente di trovare la maniera di uccidere il maggior numero di uomini nel minor tempo possibile; inoltre alimenta tutte quelle guerre che, causando distruzione e morte, fanno fuggire milioni di persone dalle loro case fatiscenti, spettrali e dai loro paesi ormai distrutti.

Ogni fucile e pistola che vengono prodotti, ogni bomba che scoppia, ogni aereo o nave da guerra  che viene costruita, costano milioni e sono un insulto e un furto a chi ha fame e freddo. Lo spreco economico colossale generato dalle spese militari a livello globale causano quell’”olocausto della povertà” che sta sterminando milioni di persone e uccidendo Gaia che, a sua volta, ferita e intossicata, non riesce a nutrire tutta l’umanità ed a proteggere noi uomini.

 

Cosa deve ancora succedere prima che ci si renda conto che pace, sviluppo sostenibile e difesa dell’ambiente sono interdipendenti, indivisibili e necessari perché danno a tutti noi la vita? e che i problemi che minacciano la vita sulla terra hanno effetti collettivi e che quindi dobbiamo agire collettivamente per risolverli, finchè siamo ancora in tempo?

Questo mondo sempre più armato, non sta solo dilapidando tanti soldi ma sta spendendo anche le risorse e le potenzialità di chi lavora, l’intelligenza degli uomini di scienza e soprattutto le aspettative nel futuro dei suoi bambini.

In Siria, il più tragico scenario di guerra dei nostri giorni, continuano a cadere bombe sempre sugli innocenti: civili, donne e bambini che tentano di sopravvivere in un’indigenza totale o sono sepolti sotto le macerie, in un genocidio che nessuno sembra voler fermare. Senza che il mondo e le diplomazie occidentali facciano nulla, senza che l’ONU mandi aiuti per la gente che sta morendo, senza medicine per curare i feriti. Perché, come diceva Hannah Arendt “La guerra non restaura diritti ma ridefinisce poteri”.

E a commento di questa barbarie che dovrebbe convincere anche le coscienze più insensibili e i cuori più duri a ripudiare la guerra, diffondiamo il messaggio dell’Unicef: “Non abbiamo più parole per descrivere la sofferenza dei bambini e il nostro sdegno. Quelli che stanno infliggendo queste sofferenze hanno ancora parole per giustificare i loro atti barbarici?” e le ancor più eloquenti parole di una madre siriana (della parte orientale di Ghouta, l’ultima enclave ribelle siriana contro le forze filogovernative sostenute dalla Russia):” Non possiamo scappare. Scappare per andare dove? Non ci sono vie d’uscita, ci muoviamo come topi solo per nasconderci.
I miei figli hanno fame e sete, sono nascosti qui con me e non so come sfamarli.
I dolori delle madri sono dolori uguali ovunque, in tutto il mondo. E non possiamo fare niente. Nulla è nelle nostre mani in questo inferno di bombe.
Come si descrive il dolore di una madre che sa di non poter salvare i propri figli? Non si descrive”.

Questo grido disperato solleva nei nostri animi emozioni indicibili di sdegno e di condanna e ci sentiamo di commentarlo con le parole secche e crude di un grande scrittore e drammaturgo, Bertolt Brecht, che meglio di ogni altro ha saputo coniugare poesia e impegno civile: “La guerra che verrà. Non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente”. Quella fame e quelle gravi ineguaglianze che oggi portano milioni di persone a migrare, per continuare poi ad essere sfruttati come “nuovi schiavi”.

Per questo, pensiamo che ci si debba impegnare e battere, tutti uniti, contro la guerra che è la generatrice di tutte le tragedie umane e contro le armi, senza le quali  l’orrore e la devastazione delle guerre non potrebbero avvenire.

La guerra e le economie che si reggono sul commercio delle armi infatti rappresentano la più grande vergogna dell'umanità.

E ogni uomo dovrebbe essere capace di attivare la sua intelligenza, sviluppare la sua sensibilità e aprire il suo cuore al punto da rifiutare questo strumento aberrante, sempre e per sempre. Per questo la nostra esortazione è: spariamo idee di pace invece che proiettili.

Tutte le guerre sono ingiuste, tutte le guerre sono inaccettabili e ingiustificabili perchè producono orrore e morte , per cui non “ci si può voltare dall'altra parte per non vedere le facce di quanti soffrono in silenzio” (Gino Strada). La democrazia non la si conquista e non la si esporta con la guerra, perché l’unica guerra che si può vincere è quella che non si fa.

Le armi seguitano ad uccidere e ghigliottinare la libertè egualitè e fraternitè e le creature di Dio riducendo in macerie anche il creato (Gaia) che ci dà la vita.