Il pianeta sta affrontando la più grave emergenza alimentare del 21° secolo. Le aree del mondo in “emergenza fame” sono sempre più ampie e diffuse e la malnutrizione colpisce centinaia di milioni di bambini.
Le ragioni di questo aumento sono determinate dalla combinazione letale tra alcuni elementi:
- la pandemia da Covid 19, che ha fatto aumentare l’insicurezza alimentare mettendo in serie difficoltà soprattutto le persone più vulnerabili, fra cui i migranti, condizionando anche il loro futuro
- il numero sempre crescente di conflitti violenti che hanno un impatto devastante sui sistemi alimentari poiché ne pregiudicano ogni aspetto, dalla produzione al consumo;
- gli effetti sempre più devastanti dellacrisi climatica (Global Warming) che minano i mezzi di sussistenza delle famiglie ed hanno portato la fame e la malnutrizione a livelli mai raggiunti prima.
Ad oggi, nel mondo, oltre 40 milioni di persone sono a livelli di insicurezza alimentare (Save the children), mentre l’edizione del 2020 del Global Report on Food Crises, che descrive la scala della malnutrizione nel mondo, stima che, per tutte queste cause, 135 milioni di persone in 55 paesi dovranno affrontare una gravissima crisi alimentare fino al rischio di morire di fame.
Secondo quanto ci dice il rapporto più aggiornato del World Food Program (WFP), l’organizzazione delle Nazioni Unite in prima linea nella lotta alla fame e anche la più grande organizzazione umanitaria nel mondo:
- Circa 800 milioni di personenel mondo non hanno abbastanza da mangiare.
- La stragrande maggioranza delle persone che soffrono la famevive nei Paesi in via di sviluppo, dove il 13% della popolazione soffre di denutrizione.
- L’Asia è il continente che ha la più alta percentuale di persone che soffrono la fame nel mondo - due terzi della popolazione totale. Negli ultimi anni, in Asia meridionale la percentuale si è ridotta, ma nell'Asia occidentale essa è lievemente aumentata.
- L'Africa Sub-sahariana è la regione con la più alta incidenza della fame in percentuale della popolazione. Una persona su quattro soffre di denutrizione.
- Se ledonne avessero lo stesso accesso degli uomini alle risorse, ci sarebbero 150 milioni di affamati in meno sulla terra.
- La scarsa alimentazione provoca quasila metà (45%) dei decessi dei bambini sotto i cinque anni, cioè oltre 3 milioni di bambini ogni anno.
- Nei Paesi in via di sviluppo, un bambino su sei (circa 100 milioni) è sottopeso.
- Un bambino su quattronel mondo soffre di deficit di sviluppo. Nei Paesi in via di sviluppo, questa percentuale può crescere arrivando a un bambino su tre.
- Nei paesi in via di sviluppo, 66 milioni di bambini in età scolare, 23 milioni nella sola Africa,frequentano la scuola a stomaco vuoto.
- Inoltre, mentre gli alimenti oggi prodotti nel mondo sarebbero sufficienti a sfamare ben oltre i 7 miliardi di abitanti del pianeta, in Africa circa 250 milioni di persone muoiono di fame.
E questi non sono solo dei dati freddi e oggettivi, ma sono una tragica realtà testimoniata con chiarezza da fonti autorevoli quali il World Food Program, la FAO, l’IFAD (Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo, l’UNICEF (United Nations Children's Fund), l’Oxfam, l’Institute for Food and Development Policy e tutte le principali organizzazioni umanitarie.
Dunque nonostante non ci sia mai stato tanto cibo nel mondo, il problema della fame non è mai stato così imponente e urgente.
Ogni giorno, troppi uomini e donne in un mondo in cui si produce cibo sufficiente per sfamare tutti, non riescono a sfamare i propri figli con un pasto nutriente, tanto che 815 milioni di persone - una su nove - vanno ancora a letto a stomaco vuoto; e un numero ancora superiore, circa 124 milioni di persone in 51 Paesi nel mondo, vale a dire una persona su tre, soffre di qualche forma di malnutrizione acuta o cronica.
Ogni giorno dunque la mancanza di cibo uccide una persona ogni 3,5 secondi, e ciò significa che, in una parte nel Sud del mondo, “muore un bambino ogni manciata secondi per fame e per malattie conseguenti”, mentre nello stesso tempo, da qualche altra parte dello stesso mondo “vengono sprecate circa 12 tonnellate di cibo”, il che dimostra che l’ingiustizia distributiva è la peggiore delle violenze.
Alla base della vita, insieme alla soddisfazione del bisogno di sicurezza, di protezione e di attaccamento sicuro, c’una buona alimentazione che significa benessere, salute, e speranza nella vita. La mancanza di nutrimento produce malattie, carestie, miseria, mortalità, cioè la starvation, il “morire di fame in senso psicofisico”, che costringerà ogni madre che lotta per trovare quel minimo di cibo per garantire a sé e al suo bambino la sopravvivenza, a negarsi la possibilità di “vedere” tutti gli altri bisogni suoi e, conseguentemente, poter soddisfare quelli del suo piccolo. Una situazione che la fa vivere in un costante e totale senso di angoscia e di disperazione.
Fornire una alimentazione adeguata nei primi 1000 giorni di vita di un bambino sarebbe un obiettivo non solo eticamente fondamentale, ma sarebbe un modo per agire nell’interesse dell’umanità intera e un investimento per tutte le generazioni future.
Ogni anno, per effetto della denutrizione della madre, 13 milioni di bambini vengono al mondo gravemente sottopeso con altissimo rischio di morire nella prima settimana di vita o, se sopravvivono, di soffrire di gravi problemi di salute per tutta la vita.
Nei paesi in via di sviluppo un terzo dei bambini al di sotto dei 5 anni, muore di fame (53% dei 9,7 milioni di decessi), proprio in quella delicatissima preziosa età che andrebbe protetta con estrema cura, perché la sottonutrizione e la mal nutrizione nei primi anni di vita comporterà ritardi fisici e mentali e riduzione delle capacità di apprendimento, in un momento in cui il bambino sta sviluppando tutto il suo potenziale fisico, psicologico e mentale.
Ancora qualche dato concreto: la carenza di ferro è la principale forma di malnutrizione nel mondo, è pericolosa soprattutto per le donne in età fertile e per i bambini e colpisce circa 2 miliardi di persone; la carenza di vitamina A colpisce il 25% dei bambini malnutriti in età prescolare, può provocare cecità e rendere più vulnerabili a tutte le malattie; la carenza di iodio (1,9 milioni di persone a rischio nel mondo) è la principale causa di ritardo mentale e di danni cerebrali. I sintomi sono gravissimi: vomito, diarrea, estrema debolezza fino a che la pelle si stacca completamente dal corpo.
Oltre alla morte, la malnutrizione cronica indebolisce il sistema immunitario (immunodeficienza acquisita) dei bambini, lasciandoli vulnerabili alle infezioni e alle malattie, provoca indebolimento della vista, uno stato permanente di affaticamento che causa una bassa capacità di concentrarsi e una crescita stentata.
E, per i bambini che sopravvivono, la malnutrizione rappresenta una condanna per tutta la vita, perché può danneggiare lo sviluppo cognitivo e avere ripercussioni devastanti sul loro futuro e sulle loro opportunità di vita da adulti.
Le persone estremamente malnutrite non riescono a mantenere neanche le funzioni vitali basilari (Hunger Facts).
Le cause irrisolte della fame sono purtroppo ben note:
- l’aumento dei disastri naturali dovuti ai cambiamenti climatici (tsunami, inondazioni, tempeste) e soprattutto la siccità che è la causa più diffusa e comune di mancanza di cibo.
- Le guerre. Infatti nei conflitti, che sono raddoppiati negli ultimi 20 anni, il cibo viene usato come un’arma: i pozzi d’acqua vengono inquinati, i campi coltivati vengono minati e la fame diviene così acuta da costringere le persone ad abbandonare la propria terra.
- La mancanza di strutture e infrastrutture adeguate a sostegno dell’economia agricola ecologica (strade, sistema d’irrigazione, trasporti), per cui la terra è eccessivamente sfruttata, con tecniche industriali che ne minacciano la fertilità. Nei paesi più poveri la terra è maggiormente a rischio di deforestazione, desertificazione, salinizzazione ed erosione fino alla totale improduttività.
- L’emergenza economica e sociale nei paesi del terzo mondo non consente di progettare e fondare il proprio futuro, attraverso l’istruzione, la preparazione tecnica, l’acquisizione di mezzi tecnici, il possesso di un minimo di danaro che permetta di acquistare ad esempio materie prime per avviare un’attività o seminare e produrre un raccolto che sia di sussistenza alla famiglia e alla comunità più allargata. Questo innesca un “circolo vizioso della povertà” (WFP).
Dunque la “trappola della povertà”, la mancanza di investimenti nell’agricoltura, un’accelerazione negli effetti dei cambiamenti climatici metterebbero, o sarebbe meglio dire metteranno, a rischio fame 592 milioni di persone nel 2030 e quasi 477 milioni nel 2050.
E poi ci sono i conflitti armati, che vedono intrappolato tra bombe e trincee il 50% degli 815 milioni di persone denutrite.
Entro il 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi, se non ci attiviamo veramente, circa 24 milioni di bambini soffriranno la fame e circa la metà saranno bambini dell’Africa sub Sahariana, dove l’emergenza è accresciuta dal fatto che poco meno della metà della popolazione che vive nelle zone rurali può accedere alle fonti d’acqua potabile, mentre appena una persona su 5 ha accesso ai servizi igienici.
Eppure le popolazioni più povere necessiterebbero di minime risorse per riuscire a coltivare sufficienti prodotti commestibili e diventare autosufficienti. Queste risorse possono essere: semi di buona qualità, attrezzi agricoli appropriati e l'accesso all'acqua; semplici miglioramenti dei sistemi di conservazione dei cibi porterebbero un ulteriore aiuto nella soluzione di un problema che non è irresolubile.
A questo si aggiunge l’arma di difesa principale per alleviare il problema che è l'istruzione. Infatti le persone che sono andate a scuola e sono istruite, riescono più facilmente ad uscire dal ciclo vizioso della povertà che causa la fame.
“La fame è al primo posto tra i rischi per la salute mondiale (e per la pace) e nei paesi in via di sviluppo la fame rappresenta un costo stimato di 450 milioni di dollari l’anno…ma servirebbero solo 20 centesimi di euro al giorno per fornire un pasto nutriente ad un bambino affamato”.
Quasi due terzi delle persone che soffrono la fame sono donne, loro infatti vivono nell’insicurezza più totale e, in quanto madri, nell’angoscia dell’esperienza più traumatica che esista: il non poter sfamare i loro figli. Eppure le donne sono anche le più ricettive ai cambiamenti e sono coloro che lottano e lotteranno con più forza e con più energia quando intravedono un’opportunità di uscire dalla loro condizione. Le donne sono anche le più attive e capaci a trovare delle soluzioni; in molti paesi infatti la struttura portante dell’economia agricola, oggi spesso supportata e aiutata dal microcredito, è composta da donne che coltivano, seminano, lavorano i campi, anche fra mille difficoltà, fino al raccolto.
La fame dunque è uno dei maggiori nemici dei bambini, delle donne, dei poveri, dei deboli: di tutte quelle persone la cui voce è stata soppressa e dimenticata, una voce flebile che non arriverà mai nei palazzi del potere, che spesso non hanno “le parole per dirlo” e che devono essere incoraggiate a passare dal silenzio rassegnato alla parola autentica “per non delegare più a coloro che hanno, o si prendono il potere di parlare in loro vece e di imporre la propria voce e la voce dei loro interessi personalistici” (P.Freire).
La fame dunque è la principale causa, insieme alla guerra, delle migrazioni economiche.
Il concetto è semplice: alla base della necessità di migrare vi è non solo il desiderio ma lo stretto bisogno di migliorare le proprie condizioni economiche, che in moltissimi casi vuol dire rispondere alla necessità di un accesso al cibo negato nelle aree da cui parte l’immigrazione.
Facile a dirsi nelle riunioni plenarie, nelle quali si moltiplicano i buoni progetti per il futuro, ma quanti di questi propositi si stanno davvero realizzando? Quanti di questi dati e quanta storia reale viene raccontata e diffusa nei nostri media? Quanto è invece più comodo alterare la realtà o addirittura mentire scegliendo la comoda e opportunistica via che tanto piace a tanta parte degli opportunisti politici mondiali che trovano soddisfazione e facili consensi solo nel colpevolizzare e condannare nuovamente a morte coloro che per fame sono stato costretti a lasciare la loro casa e il loro paese (rendendo vano lo slogan ipocrita “aiutiamoli a casa loro”)?
In un mondo di cambiamenti epocali e di accelerazioni continue, un mondo in cui le distanze vengono azzerate in modo spesso folle ed alienante ma insieme vengono moltiplicate per fare in modo che ciò che potrebbe convivere e co-costruire non arrivi a toccarsi mai, i cambiamenti veri e sostanzialmente incisivi sono i più lontani dall’essere pensati e i più difficili da attuare.
I cambiamenti dei prossimi 50 anni si prevede saranno enormi rispetto a nuove scoperte, invenzioni, conoscenze, ma anche del tutto imprevedibili: andranno nella direzione del bene comune, del miglioramento delle condizioni socioeconomiche di tutta l’umanità o continueremo a smarrire la rotta e a perdersi dietro all’interesse di pochi nel disinteresse di molti e quindi di tutti?
La smania di possesso è il più pericoloso dei deliri: rende ciechi, insensibili, egoisti, spietati….. ed è purtroppo, il delirio di cui sono ammalate le persone, i governi e le economie più importanti del nostro sedicente mondo “civile”.
E’ per questo che il cavaliere nero della fame, della carestia e della povertà continua, indisturbato, a galoppare per il mondo, o almeno in quella parte di mondo che il più subdolo, intrigante, spregiudicato e malevolo dei poteri, quello economico, ha deciso, con proditoria prepotenza, di tenere in uno stato di sudditanza, sfruttamento e inferiorità.
Infatti, sebbene l’attuale capacità produttiva mondiale sia decisamente superiore al fabbisogno e quindi in grado, teoricamente, di soddisfare le esigenze alimentari del pianeta, permangono, anzi aumentano, le contraddizioni: è quello che viene definito il “Paradosso alimentare” per cui 1 persona su 9, è denutrita, mentre il 40 per cento ( soprattutto popolazione occidentale) è sovrappeso o addirittura – 1 su 10 – obesa e spesso diabetica e per ogni morto di denutrizione ne abbiamo quasi uno che sviluppa malattie o muore per le conseguenze della sovralimentazione o della malnutrizione.
Sappiamo bene che la capacità produttiva dell’umanità si è sviluppata in maniera incredibilmente elevata e, nel nostro mondo c’è sovrabbondanza di beni di consumo, ciononostante lo scandalo della fame, il più vergognoso per le nostre civiltà avanzate, non è stato sconfitto ma si accresce sempre più. Tutto ciò rivela che all’origine c’è una tragica “carenza sociale” tra i popoli e le comunità e cioè una ripartizione ingiusta e iniqua delle risorse, dei beni disponibili e una distribuzione ineguale delle ricchezze, perché oggi come non mai i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Secondo l’ultimo rapporto Oxfam le crescenti disuguaglianze socio-economiche mondiali stanno divenendo sempre di più il tema centrale del nostro tempo: l’82% dell’incremento della ricchezza globale registrato nell’ultimo anno è stato appannaggio dell’1% della popolazione più ricca, mentre il 50% più povero della popolazione mondiale non ha beneficiato di alcuna porzione di tale incremento e l’1% più ricco della popolazione continua a detenere più ricchezza del restante 99%.
La fame nel mondo dunque dipende quasi esclusivamente dall’ingiustizia e la povertà dall’avidità dell’uomo, dalla sua smania di possedere, di accumulare, dal rifiuto di dividere, condividere e ripartire in modo equo le risorse del Pianeta.
La fame e la povertà non sono problemi degli Altri, di persone diverse da noi, ma sono problemi di tutti noi che andrebbero risolti tutti insieme, perché Il diritto al cibo e ad una vita economicamente dignitosa è un diritto umano fondamentale.
La fame non è una catastrofe naturale, ma è la conseguenza di politiche ingiuste e instabili, di egoismi, sfruttamenti, guerre, crisi finanziarie, oppressione da parte di paesi ricchi e cosiddetti civilizzati, che preferiscono spendere milioni di dollari in tecnologie agricole di sfruttamento o per strumenti bellici di distruzione di massa, sempre più perfezionati e potenti, piuttosto che attenuare o risolvere il problema della povertà nel mondo.
Nel primo mondo opulento poi, regna l’indifferenza e ci si ripulisce la coscienza facendo la carità, tenendosi ben lontani dal coinvolgersi profondamente e usando le cosiddette “adozioni a distanza” (“ti do qualcosa purchè non tu mi stia ben lontano”), piuttosto che impegnarsi veramente uscendo allo scoperto con “adozioni a vicinanza” che restituiscano o ai paesi più poveri e soprattutto all’Africa, dignità e il pieno possesso delle loro risorse economiche ed umane.
Come aveva preconizzato Confucio “Se incontri qualcuno sulla rive del fiume che ha fame…non regalargli un pesce ma insegnagli a pescare”, il che significa far crescere le capacità intrinseche delle persone perché, in alleanza con le potenzialità salvifiche di Gaia, possano diventare soggetti attivi e cominciare a costruire, con le proprie mani, un futuro diverso, sviluppando nel modo più congruo le potenzialità di ciascuno di tutti.
Per la nostra Fondazione “Science for Peace.Eu”, risolvere i problemi serve non solo volontà ma anche creatività per trovare soluzioni innovative, progettando e testando sul campo programmi di sviluppo che assicurino i migliori risultati possibili (ad esempio progetti che offrano a piccoli produttori agricoli, attraverso forme di microcredito, la possibilità di accedere e di incidere sul mercato agricolo per sviluppare la propria produttività e competitività).
Serve inoltre investire tutte le più moderne risorse tecnologiche e scoperte scientifiche sulla prevenzione per ridurre i rischi ambientali e pianificare le risposte alle emergenze climatiche, alle catastrofi naturali e alle pandemie.
Infine due sono le aree il cui accesso colmerebbe le disuguaglianze e diminuirebbe la povertà nei paesi del terzo mondo: l’accesso all’informazione e alle telecomunicazioni e l’accesso al mercato. Per quel che riguarda l’accesso alle nuove tecnologie informatiche esse hanno una capacità straordinaria d’espansione, sono accessibili a tutti azzerando la differenza tra i potenti e i comuni cittadini : Internet per esempio si sta sviluppando a ritmo esponenziale, costa sempre meno e la rete è assai poco controllabile e manipolabile dal potere (ne sono un esempio i blogger che diffondono notizie anche in paesi a regimi dittatoriali come Iran, Siria, Libia e anche i social network che sono difficilmente controllabili ma spesso lanciano iniziative sociali e muovono le coscienze). Le tecnologie dell’informazione possono dunque “contribuire un contesto planetario che permetta di liberare un potenziale inestinguibile di creatività, d’ingegno e di produttività” (Yunus)
L’accesso al mercato attraverso la libera circolazione di merci, persone e capitali, consentirebbe anche ai poveri del mondo di entrare e partecipare a mercati più vasti senza restare confinati nel loro piccolo povero mondo: solo allora le diversità diventeranno un valore, una ricchezza e un vantaggio per tutta l’umanità e il vero orgoglio, al di sopra delle identità nazionali, dei PIL, dei redditi, dei propri prodotti e delle proprie industrie, sarà quello di appartenere al genere umano.
Per finire due piccole notizie che forse ci faranno riflettere: un bambino dell'America del Nord consuma come 422 bambini africani, mentre un cane di una nazione ricca dispone di una quantità di cibo mediamente 17 volte superiore rispetto ad un bambino delle nazioni più povere del Terzo Mondo. Per contro tanti bambini hanno fame, una fame da morire: sono bambini senza un domani, che conoscono solo la disperazione molto spesso per il solo fatto di essere nati nel posto sbagliato.
Per questo dovremmo tutti chiederci: “Quanto pesa una lacrima? Dipende: la lacrima di un bambino capriccioso pesa meno del vento, quella di un bambino affamato pesa più di tutta la terra” (Gianni Rodari).
God bless Gaia e i nostri referenti scientifici ed etici.